Data: 30/09/2007 - Anno: 13 - Numero: 3 - Pagina: 36 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Giovanna Durante (Altri articoli dell'autore)
Cera una volta il malocchio, sguardo invidioso e cattivo Cos potrebbe cominciare una favola riguardante i tristi condizionamenti della superstizione che affonda le sue radici nel passato ma sopravvive anche nel presente in una forma subdola ed insidiosa. Un tempo era talmente radicata e diffusa la credenza delladdcchio che qualsiasi malanno o altro imprevisto spiacevole veniva riportato ad una forza maligna sempre in agguato, ritenuta capace di provocare malattie e disgrazie varie, non solo alle persone ma anche agli animali. Sia lazione delladdocchire che leffetto negativo delladdcchio si riteneva fossero causati dallinvidia, uninvidia ritenuta tanto insidiosa da creare mali difficili da combattere e da debellare. La persona invidiosa aveva un forte potere di richiamare malanni e sventure che potevano ricadere su una singola persona o sopra unintera famiglia; non a caso si diceva: Casa addocchjta menza sdarrupta (La casa sottoposta al malocchio quasi in rovina); ed ancora: A mbdia esta ammnzu a casa do divulu (Linvidia sta in mezzo alla casa del diavolo). Addirittura si riteneva che linfluenza funesta del malocchio potesse essere anche involontaria, cio determinata da un semplice sguardo di ammirazione o da un moto di entusiasmo, e che il malocchio provocato da una donna poteva distinguersi da quello delluomo. Queste strane credenze che condizionano psicologicamente gli individui e il loro modo di pensare sono frutto di una proiezione di paure e di angosce ancestrali difficili da eliminare. Un tempo le carestie, la malaria, i terremoti, le alluvioni e le stesse incursioni piratesche erano minacce inspiegabili, forze imprevedibili del tutto oscure; la stessa fame che, in alcuni periodi storici ha condizionato negativamente lintera esistenza umana, rappresentava un incubo da cui non era facile uscire. Ignorare la natura di questi mali e il modo di prevenirli o contrastarli portava luomo a ricercare rimedi e difese empiriche. Era opinione diffusa tra la gente calabra che linflusso malefico non fosse solo provocato dal malocchio ma anche da riti che, a seconda dei casi, suscitavano il male o lo eliminavano. Essi venivano officiati soprattutto da donne esperte in questo campo magico, dette magre, con procedimenti particolari che si tramandavano di generazione in generazione. La formula magica era caratterizzata da una specie di preghiera consistente nella prima parte in uninvocazione a Dio, ai Santi o ad altre misteriose presenze alle quali si chiedeva aiuto; nella seconda parte singiungeva categoricamente al malocchio di sparire con lespressione: Fora malcchju da e si pronunciava il nome della persona, dellanimale, dellimmobile o degli oggetti colpiti dallinvidia. Nel corso del rito, la recita della formula magica veniva accompagnata da numerosi sbadigli e lacrime da parte dellofficiante: era questo il segno tangibile che il malocchio cera ma stava andando via. Dove, non si sa! In alcuni paesi della nostra regione si credeva persino che le forze malefiche, capaci di intralciare il cammino delluomo, erano costituite da esseri misteriosi, eterei, quasi sempre invisibili, detti spirdi, ossia spiriti apportatori di sventure. Per contrastare il malocchio e prevenire linflusso malefico degli spiriti si ricorreva alluso di strani gingilli: per i bambini si usavano cornetti di corallo, piccole mani facenti le corna, pesciolini smaltati, ecc.; per gli adulti altri amuleti come le zanne di maiale, il corno rosso, il ferro sotto qualsiasi forma. Del resto ancora oggi c chi fa le corna, chi incrocia le dita, chi fa ricorso al cornetto rosso nellintento di esorcizzare il male. A Badolato, e forse anche nei paesi vicini, per preservare i bambini dall addcchju si usava comunemente u brovnu, e cio un piccolissimo sacchetto di stoffa preferibilmente rossa, contenente un pizzico di sale e uno dincenso, una fogliolina dulivo benedetta e unimmaginetta sacra arrotolata. Il sacchetto, che poteva avere la forma di un minuscolo cuore, veniva attaccato allinterno di una bretella della camicia. Qualcuno soleva anche appuntare un minuscolo cornetto rosso tra le pieghe del vestitino del bimbo o della bimba. Al brovnu si accompagnava spesso u scongiru, un pezzetto di carta su cui era scritta la seguente formula in lingua latina avente il compito di scacciare il maligno: Ecce Crucem Domini; fugite partes adversae, vicit Leo de tribu Iuda. (Ecco la Croce del Signore; fuggite parti nemiche, ha vinto il Leone della trib di Giuda.). Per avere lo scongiuro bastava recarsi al Convento francescano di Santa Maria degli Angeli e chiederlo al Padre Guardiano; molti anziani badolatesi ricordano di averlo chiesto ed ottenuto da Padre Bonaventura Falcone e poi da Padre Teofilo DElia. In molti paesi della Calabria quando si costruiva una casa si usava appendere al muro esterno un ferro di asino o un paio di corna di bue per scacciare linvidia; n era raro vedere scritto a caratteri cubitali sulla parete esterna di una misera casa: Crepa linvidia (Crepi linvidia). Numerosi erano anche i presagi per lo pi negativi legati agli animali; si pensava infatti che la civetta fosse di cattivo augurio quando emetteva il suo lugubre pigolio, che le falene portassero notizie belle o brutte a seconda del loro colore, che il verso del cuculo significasse morte sicura per un ammalato, cos come il guaito persistente del cane. Non parliamo poi del povero gatto la cui colpa solo quella di avere il pelo nero! Su di lui permane una strana superstizione: se un gatto nero attraversa la strada ad un pedone o ad un automobilista la disgrazia incombente, per cui c ancora chi ritiene che, pe ss e pe nno, meglio cambiare direzione di marcia. Il tutto in ossequio al detto Non vero ma ci credo.
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